Neuroteologia: definizione, risorse e limiti

Neuroteologia: definizione, risorse e limiti

Introduzione

L’altra sera, mentre stavo ancora studiando (!!!), mio padre mi fa notare che in tv c’è un documentario sulle Neuroscienze. Non l’avesse mai detto, lascio i libri e inizio a guardarlo con interesse.

Il documentario fa una panoramica generale delle scoperte neuroscientifiche degli ultimi anni con un linguaggio semplice e adatto a tutti.

Per chi masticasse un po’ meglio queste materie però, potrebbe avere la sua utilità. Come?

  • Esercitare il pensiero critico (es. come sono stati svolti gli esperimenti? C’è qualcosa che non mi torna?);
  • Cercare nuovi ambiti di interesse;
  • Trovare nuove strategie comunicative per rendere semplici le cose complesse.

La risposta a queste domande: la neuroteologia

Ad ogni modo, mi ha particolarmente colpito la parte finale, in cui si parlava di neuroteologia. Di questo argomento avevo parlato anche nella recensione di un altro documentario: Religiolus, che sebbene fosse pensato più per ridicolizzare i credenti che per altro, ha ospitato anche uno dei neuroteologi più famosi: Andrew Newberg.

La Neuroteologia: cos’è?

La definizione più sintetica della neuroteologia è: studio della correlazione tra il fenomeno della percezione soggettiva della spiritualità e la funzionalità biochimica del cervello umano. In sostanza, quindi, essa si propone di indagare i processi neurali alla base delle esperienze religiose.

Nel documentario veniva mostrato, per esempio, un esperimento fatto su una donna di fede cristiana che aveva frequenti visioni di Gesù Cristo. Veniva spiegato come le visioni potessero probabilmente essere dovute, non solo nel suo caso, da una diagnosi di epilessia del lobo temporale.

Box di approfondimento: San Donato di Arezzo

Ho parlato del rapporto tra epilessia e visioni di santi anche nell’articolo su San Donato d’Arezzo, il cosiddetto “santo dei folli”. In quell’articolo sostenevo che ci fosse, sulla questione, una mancanza di “scientificità”. Perché? L’emarginazione vissuta dai pazienti e la natura delle visioni stesse (il santo in alcuni casi “consigliava di non prendere i farmaci”) poteva essere causa o comunque indurre un peggioramento della patologia e l’idea di essere dei veggenti (cosa che in realtà non era).

Per questo vedo con favore che le condizioni mistiche vengano studiate scientificamente e anche teologicamente (in quel caso mancava anche il parere dell’istituzione ecclesiastica). Certo, indubbiamente non è facile, innanzitutto dal punto di vista clinico, discernere la natura di una visione. Nel 2012, infatti, sul Journal of Neuropsychiatry and Clinical Neurosciences uscì un articolo in cui si sosteneva che per quanto riguarda i fenomeni di rivelazione fatta da figure religiose prominenti, come nel caso di Gesù, considerando che mancano in questi soggetti – solitamente – molti altri sintomi riguardanti l’epilessia del lobo temporale, è più probabile una diagnosi di psicosi, nel caso si debba parlare di patologia mentale.

Neuroteologia delle apparizioni

Del resto, almeno per quanto riguarda la Chiesa Cattolica, la presenza di manifestazioni di disordine psichico è un criterio negativo per giudicare la veridicità delle apparizioni, come potete leggere qui. Ovviamente, l’autorità ecclesiastica non può basarsi puramente sul dato neurale/biologico, in quanto non è possibile escludere – da un punto di vista puramente teologico – che Dio parli attraverso persone con patologie mentali. Pertanto, il discernimento, non è affatto semplice.

Sostanzialmente però, era interessante una delle riflessioni poste dal neuroscienziato, che vedeva questo genere di fenomeni, statisticamente fuori dalla media nella comunità dei credenti, come dei possibili “talenti”. Praticamente, per fare un paragone forse improprio ma efficace, Dio potrebbe scegliere persone con una più spiccata tendenza spirituale per dare dei messaggi all’umanità esattamente come sceglie le persone da attirare alla vita religiosa (preti, suore, frati, ecc…) e farlo anche sulla base delle loro peculiarità neurologiche o predisporre che queste peculiarità ci siano. A questo punto, per quanto mi riguarda, si potrebbe pensare alla categoria descrittiva di “neurodiversità”.

L’esperimento fondante: “l’elmetto di Dio”

Uno degli esperimenti più importanti in campo neuroteologico è il cosiddetto “elmetto di Dio” di Michael Persinger. Stimolando delle aree cerebrali con campi magnetici aveva l’obiettivo di dimostrare che la percezione della presenza di Dio fosse in realtà un impulso elettrico. Sottoposti a queste stimolazioni, i soggetti sostenevano di sentire “presenze eteree” nella stanza. L’esperimento, rifatto in diversi laboratori, non ha però prodotto gli stessi risultati. Nel caso della ricercatrice Susan Blackmore si sono ripetuti, ma non è stato lo stesso per Richard Dawkins.

Considerazioni finali

Questi ed altri esperimenti, con soggetti di tutti i credi religiosi, sono stati effettuati nel corso del tempo. Al di là dei loro risultati, mi sembra che il nome neuroteologia non descriva davvero appieno ciò che questa disciplina si propone. Sarebbe meglio usare il termine “neuromistica” in quanto questi esperimenti, tra tutti i fenomeni riconducibili alla religiosità, indagano sempre fenomeni di natura mistica. Non tengono conto del fatto che per comprendere a tutto tondo il fenomeno religioso servirebbe un approccio molto più multidisciplinare, che tenesse in conto sì del contributo neuroscientifico, ma anche di quello delle scienze psicologiche, antropologiche, teologiche, culturali e sociali.

Dal punto di vista dell’interpretazione dei risultati, inoltre, sembra che essi non abbiano un’univoca interpretazione: alcuni sostengono che la presenza di processi neurologici alla base dell’esperienza religiosa la renda di fatto un’esperienza puramente “umana” e completamente misurabile, altri sono più aperti a un approccio che tenga conto del metodo scientifico per quanto esso può dire e lasci l’interpretazione filosofica al metodo suo proprio.

Il ruolo delle neuroscienze nella psicologia

Ritengo importante che per farsi una propria idea bisogni conoscere il fatto che all’interno delle stesse scienze psicologiche il dato neuroscientifico non è mai visto da solo e che le stesse tecniche vengano utilizzate in base alle informazioni di cui si ha bisogno. Non esistono tecniche migliori né peggiori, ma soltanto tecniche che ci permettano di approfondire un aspetto invece che un altro.

Inoltre bisognerebbe divulgare queste informazioni con la dovuta cautela in quanto è stato dimostrato che anche soltanto inserire l’immagine dei risultati di un esperimento scientifico influenza i lettori a tal punto da fargli credere che uno studio sia più autorevole di un altro, ma non sempre ciò è vero.

Bisogna sempre valutare la qualità della fonte delle informazioni che leggiamo e sapere che la realtà difficilmente è lineare, ma sempre più complessa di come ci viene presentata.

A che serve la Neuroteologia?

Dal punto di vista applicativo, i risultati degli esperimenti di questa branca potrebbero:

  • confermare le persone nella propria fede,
  • aiutare i professionisti sanitari a comprendere le dinamiche religioso/culturali dei propri pazienti;
  • migliorare la progettazione degli “interventi faith-based”, magari in collaborazione con le autorità religiose;

Limiti

È un approccio che si basa su tecniche di neuroimmagine – le quali a loro volta si basano su metodi probabilistici e non su certezze granitiche.

Sitografia:

Neuroteologia – Wikipedia

Norme per procedere nel discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni – Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede – Vatican.va

Epilessia del lobo temporale – Wikipedia

Treccani – Neuroteologia

Una raccolta di articoli di approfondimento (non fatevi ingannare dall’url!)

La religiosità tra neuroteologia e neoateismo. Come il nostro cervello crea il furore di (essere) Dio o ce ne libera

The Role of PsychoticDisorders in Religious History Considered (articolo scientifico)

Spiritualità e cervello: la neuroteologia

Bibliografia:

Neuroimaging per lo studio del cervello umano – Katiuscia Sacco (manuale universitario)

Avatar chiamatelaneuro

Una risposta a “Neuroteologia: definizione, risorse e limiti”

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